La vita a Chernobyl

Uno studio ha fotografato 15 specie all'interno della Zona di esclusione di Chernobyl. C'è una grande abbondanza di animali e sono state avvistate tre specie mai osservate qui.

 

Ci sono vita e una vasta biodiversità anche dove non ci si aspetterebbe che ci siano: oggi a Chernobyl, a 30 anni dal disastro nucleare più grande della storia, avvenuto nel 1986, c’è una fauna selvatica abbondante, con specie non attese. E questo anche nella cosiddetta Zona di esclusione di Chernobyl, che copre l’area dentro un raggio di circa 30 chilometri dalla centrale nucleare, approssimativamente 2.600 km quadrati. A mostrarlo è un gruppo di ricercatori dell’Università della Georgia ad Athens, negli Stati Uniti, che conferma i risultati di un loro precedente studio e aggiunge la presenza di nuove specie, finora non rintracciate in questa zona. Gli scienziati hanno fotografato 10 specie di mammiferi e 5 di uccelli.  

Gli scienziati hanno utilizzato delle esche, ovvero dei pesci, per attrarre gli animali, poste ai bordi di fiumi e canali di irrigazione della Zona di esclusione di Chernobyl. In particolare, è stata studiata la fauna intorno al fiume Pripyat, una città fantasma in Ucraina, a circa 3 chilometri dalla centrale nucleare. Lo studio è durato un mese e l’obiettivo era quello di capire meglio che tipo di fauna c’è oggi, dopo più di tre decenni dal disastro nucleare.

Una volta catturati con le esche, questi animali, detti spazzini, cioè che consumano carne di altri animali morti, sono stati fotografati dai ricercatori. E il risultato è inedito, spiegano gli autori: “avevamo avuto prova di una diversità della fauna selvatica nella Zona di esclusione di Chernobyl anche in nostri precedenti studi”, sottolinea James Beasley dell’Università della Georgia, “ma si tratta della prima volta in cui abbiamo osservato un’aquila di mare coda bianca, un visone americano e una lontra di fiume”. Nel 2015, infatti, gli autori avevano individuato per la prima volta che animali come il lupo grigio erano presenti in abbondanza nella Zona di esclusione e in particolare entro poco più di 1,5 chilometri quadrati dalla centrale nucleare.

In totale, questi ricercatori  hanno registrato più di 232 osservazioni di questi animali durante il mese dell’indagine. I risultati dello studio mostrano che il 98% delle carcasse di pesci morti viene consumato dai predatori spazzini entro una settimana. Inoltre, un’attività maggiore, da questo punto di vista, è stata registrata intorno ai fiumi più che presso gli altri corsi d’acqua, ovvero i canali utilizzati dagli agricoltori prima del disastro. Così questo studio fornisce un tassello in più per conoscere la fauna selvatica della Zona di esclusione di Chernobyl e per capire in che modo avviene la ridistribuzione di queste risorse alimentari e la distribuzione fra ecosistemi adiacenti. Il prossimo passo potrebbe essere studiare questo percorso specifico per una singola specie.